Monterano, abitato sin dall'età del bronzo, ha vissuto con due momenti di grande rilevanza storica, in epoca etrusca e in epoca altomedievale, nonché un periodo di eccezionale fioritura artistica nel XVII secolo. In epoca etrusca Monterano è stato un importante caposaldo della lucumonia di Caere (l’odierna Cerveteri) posto a controllo dell’alto bacino del fiume Mignone e in epoca altomediovale, è stato il prestigioso capoluogo episcopale di una vasta diocesi che si estendeva dal lago di Bracciano ai monti della Tolfa.
Nella seconda metà del secolo XVII, Monterano fu acquistato dai famigliari di papa Clemente X Altieri, i quali incaricarono il regista dell’arte barocca, Gian Lorenzo Bernini, di riqualificare l’abitato per renderlo idoneo al nuovo ruolo di sede ducale. L’artista trasformò il Monterano in una piccola capitale barocca con monumenti eccezionali, che fecero scuola. L'architetto ideò la chiesa, il convento e la fontana ottagonale di San Bonaventura e riordinò il Palazzo Ducale, al quale antepose la splendida fontana a scogli sormontata dalla statua del Leone.
Oggi sia la fontana ottagonale che la statua del Leone possono essere ammirate a Canale rispettivamente in piazza del Campo e all’interno del Municipio, mentre le loro copie fedeli sono state ricollocate nei luoghi originari a Monterano. La maestosa figura del Leone di Monterano è diventata il simbolo allegorico della comunità.
Alla fine del Settecento, durante i turbolenti anni della Repubblica Romana, Monterano, già devastata dalla malaria, fu colpita a morte negli scontri tra le opposte fazioni degli insorgenti, sostenitori del Papa, e dei giacobini francesi, protettori della Repubblica. I suoi abitanti si trasferirono nell’arco di pochi anni a Canale e a Montevirginio e da allora il pianoro monteranese è rimasto disabitato.
Monterano, una delle città abbandonate più belle del Lazio, si caratterizza grazie ai resti scenografici di un castello, di una chiesa, di uno straordinario acquedotto cinquecentesco ad arcate e soprattutto grazie al territorio incontaminato di grande fascino e rarità ambientale.
Monterano, una delle città abbandonate più belle del Lazio, si differenzia grazie ai resti scenografici di un castello, di una chiesa, di uno straordinario acquedotto romano ad arcate e soprattutto grazie al territorio incontaminato di grande fascino e rarità ambientale.
Un'altra particolare caratteristica di questo territorio è l’incisione in valli profonde di numerosi corsi d'acqua, il più cospicuo dei quali è il torrente del fiume Mignone che va dai Monti Sabatini e al mare di Tarquinia, per un percorso di circa 62 km. Nel tratto della Riserva Naturale Regionale Monterano, le sue acque ospitano molte specie di invertebrati e un'importante flora che consente di vivere all'ecosistema circostante. Le sponde del fiume sono bordate da stupendi boschi formati da salici, pioppi e ontani. Tra gli animali posiamo trovare il Martin Pescatore, la biscia d'acqua, anfibi, la testuggine di palude.
CANALE MONTERANO - Canale fu fondato alla fine del'500 dai coloni toscani e umbri chiamati dal feudatario per disboscare la selva e mettere a coltura nuove terre e dagli stessi abitanti di Monterano che avevano scelto un luogo meno isolato e più salubre del loro. Le prime abitazioni di Canale erano costituite da capanne molto simili a quelle che erano usate in campagna per fini agricoli. I primi edifici in muratura furono costruiti quando la popolazione si fece più numerosa.
Il centro del paese era costituito da un piccolo nucleo di case attorno ad una chiesetta parrocchiale, ora chiamata Oratorio. In seguito il bosco fu tagliato più estesamente nella zona longitudinale che ora forma il corso della Repubblica, dove sorsero le abitazioni più importanti, assieme ai negozi e alle botteghe artigiane. Con dell'annessione al Regno d’Italia, il Comune, comprendente gli abitati di Canale e di Montevirginio uniti, ha assunto la denominazione di Canale Monterano, in ricordo dell’antica città abbandonata.
MONTEVIRGINIO - I coloni agricoli, reclutati alla fine del ‘500 dai feudatari Orsini per mettere a coltura le loro terre del monte Sassano, formarono un piccolo nucleo abitato alle falde di questa altura trachitica, al quale dettero lo stesso nome di Montesassano, che però ebbe vita breve.
I coloni, infatti, pochi anni dopo il loro stanziamento furono spostati più a valle dal duca Virginio Orsini, che voleva far posto alla costruzione di un eremo. Qui ricevettero in dono appezzamenti di terreno fabbricabile sui quali formarono un villaggio, che prese la denominazione di Montevirginio, in omaggio al donatore.
Il nuovo abitato si articolava, come oggi, intorno ad un unico grande spiazzo (l’attuale piazza Sant’Egidio) dal quale si dipartivano quattro strade dirette rispettivamente a Oriolo, a Monterano, a Canale e al nuovo eremo. Intorno al centro sorsero nelle radure dei boschi alcuni casali agricoli, ora inglobati nell’abitato, e a poca distanza le case di Castel Donato e della Piana.
Dopo l’acquisto del feudo, gli Altieri regolarizzarono la piazza e collegarono Montevirginio con il loro palazzo di Oriolo attraverso una bella strada segnata da una doppia fila di olmi (detta l’Olmata, anche dopo la sostituzione degli olmi deperiti con le querce), che ancora costituisce uno dei luoghi notevoli della zona.